Il nostro Centro offre la possibilità di studiare l’assetto cromosomico fetale, in tempi estremamente rapidi, mediante tecniche di diagnostica molecolare (PCR) di ultima generazione.
In particolare è possibile effettuare la procedura QF-PCR (48h) o Array-CGH (48-72 h).
Le suddette procedure molecolari non sono soggette al rischio di insuccesso della coltura delle cellule fetali.
Cosa sono le aneuploidie cromosomiche?
Le anomalie cromosomiche sono alterazioni del numero o della struttura dei cromosomi. Le anomalie numeriche dei cromosomi, che vengono chiamate anche aneuploidie, sono caratterizzate da un numero maggiore o inferiore di cromosomi rispetto al numero standard. Si parla, ad esempio, di trisomia, quando si riscontra la presenza di un cromosoma in più. A questo gruppo di anomalie cromosomiche appartengono patologie note come Sindrome di Down o Trisomia 21, dove l’individuo presenta 47 cromosomi, ovvero possiede una copia in più del cromosoma 21. La trisomia 13, invece, prende il nome di Sindrome di Patau, mentre la trisomia 18, Sindrome di Edwards. Si parla, invece, di monosomia, quando si riscontra l’assenza di un cromosoma. A questo gruppo appartengono patologie cromosomiche come la Sindrome di Turner in cui è presente un solo cromosoma X.
Per quanto riguarda i cromosomi sessuali, X ed Y, la situazione è diversa. Infatti in questi casi l’aberrazione non è una vera e propria trisomia bensì la perdita o l’aggiunta di uno dei due cromosomi rispetto all’assetto normale XX che caratterizza il sesso femminile od XY proprio di quello maschile. Si vengono così a formare assetti cromosomici atipici ad esempio la monosomia del cromosoma X denominata sindrome di Turner, XXY sindrome di Klinefelter, XXX ed XYY.
Tra le aneuploidie, le trisomie 21, 18, 13 e le aneuplidie dei cromosomi sessuali (es. monosomia X), comprendono circa l’80%-95% delle possibili anomalie cromosomiche rivelabili tramite la determinazione del cariotipo. Tali anomalie cromosomiche sono senz’altro quelle maggiormente responsabili di malformazioni fetali che portano a gran parte degli aborti precoci ossia durante il primo trimestre di gravidanza. In alcuni casi le gravidanze con feti affetti da trisomia 21, 18 e 13 possono procedere nel corso dell’età gestazionale e portare alla nascita di neonati affetti dalla relativa patologia cromosomica (probabilità di sopravvivenza alla nascita rispettivamente del 22.1%, 5.4% e 2.8%).
Il meccanismo principale con cui si producono le aneuploidie è costituito dalla non-disgiunzione, ovvero dalla mancata separazione dei cromosomi omologhi o dei cromatidi durante la meiosi nel corso della gametogenesi. Si possono formare quindi gameti rispettivamente con un cromosoma in più ed in meno che, unendosi ad un gamete normale, i primi daranno luogo ad una trisomia, gli altri ad una monosomia.
È ormai noto che dell’incidenza di anomalie cromosomiche è direttamente proporzionale all’età materna. In particolare per la sindrome di Down si calcola che oltre i 40 anni una gravidanza su 100 sia interessata da questo tipo di anomalia. Tale fenomeno ha avuto, in questi ultimi anni, un impatto non indifferente a livello etico – sociale in quanto l’età media al primo parto è aumentata in maniera considerevole. Si pensi infatti che nell’ultimo trentennio, si è passati dai 20-21 anni ai 29-30 attuali. Il fenomeno, chiaramente legato a questioni di cultura e stili di vita, ha radicalmente cambiato l’approccio ad intraprendere e soprattutto a seguire nel tempo un evento considerato fisiologico quale la gestazione.
Come funziona la procedura QF-PCR?
L’approccio tradizionale nella diagnosi prenatale di anomalie cromosomiche comporta la messa in coltura di cellule fetali ricavate da prelievi di liquido amniotico e la determinazione del cariotipo tramite l’analisi al microscopio dei cromosomi in metafase. Benchè tale analisi sia molto accurata, le colture cellulari impongono lunghi tempi di attesa che si aggirano attorno alle due settimane.
Nell’ambito della diagnosi prenatale, oltre ai test genetici già descritti, è sempre più utilizzata una tecnica di diagnostica molecolare che permette diagnosi rapida di alcune aneuploidie fetali (quelle relative ai cromosomi 21, 13, 18, X e Y), conosciuta come amplificazione enzimatica in vitro del DNA fluorescente o QF-PCR (Quantitative Fluorescence PCR). Oggi tal tecnica, che si è ormai sostituita completamente alla tecnica di ibridizzazione fluorescente in situ (FISH), affianca le analisi citogenetiche tradizionali eseguite di routine e dalle quali si differenzia per una maggiore rapidità (risultato disponibile entro entro 24h-48h dal prelievo), per la necessità di una minore quantità di liquido amniotico (1-1.5ml), 1-2 villi coriali, 0.1ml di sangue fetale, partendo da DNA estratto da materiale cellulare non coltivato.
Il fattore più importante, rispetto alle tecniche tradizionali, è legato alla possibilità di eseguire test di laboratorio precisi, affidabili e soprattutto rapidi partendo da una minima quantità di materiale, a volte anche da poche cellule. Trattandosi di una metodica molecolare di analisi del DNA, non è soggetta al rischio di insuccesso della coltura delle cellule amniotiche, garantendo un risultato nel 100% dei casi.
La rapidità di esecuzione della QF-PCR permette di ridurre al minimo i tempi di attesa del referto: la possibilità di escludere una patologia cromosomica in poche ore dal prelievo contribuisce alla riduzione dell’ansietà materna, mentre in casi di risultato patologico, permette alla gestante di concordare con il proprio medico, in largo anticipo, un’eventuale intervento terapeutico.
Questa tecnica innovativa si differenzia dalla FISH prenatale in quanto meno laboriosa e facilmente automatizzabile e quindi comporta costi decisamente inferiori.
Inoltre, alcune sue particolarità tecniche consentono l’accertamento di mosaicismi, dello stato di zigosità in gravidanze gemellari come pure la rapida identificazione di contaminazione materna che non è apprezzata dalla FISH e dal cariotipo.
Il nostro Centro offre la QF-PCR inclusa nel prezzo del cariotipo tradizionale.
Come viene eseguita la QF-PCR?
La tecnica viene eseguita su DNA estratto da cellule del liquido amniotico, villi coriali o sangue fetale, e si basa sull’amplificazione quantitativa fluorescente (QF-PCR) di sequenze di DNA ripetute altamente polimorfiche (Short Tandem Repeat – STR) localizzate sui cromosomi oggetto di studio e successiva elettroforesi capillare mediante l’impiego di un sequenziatore automatico a tecnologia fluorescente, a seguito della quale per ciascun prodotto di PCR vengono calcolate le dimensioni, l’altezza e l’area di ciascun picco fluorescente.
La verifica in termini qualitativi e quantitativi della segregazione degli alleli parentali mediante QF-PCR e corsa elettroforetica fluorescente dei prodotti di amplificazione permette di poter evidenziare nel feto la presenta di eventuali trisomie. I risultati ottenibili dopo sono i seguenti:
- Pattern allelico normale: i tracciati che si ottengono, per ogni STR, in caso di un assetto cromosomico normale sono 2 picchi fluorescenti di uguale area ed altezza (rapporto diallelico 1:1);
- Pattern allelico trisomico: In caso di trisomia si possono verificare 2 differenti situazioni:
- trisomia triallelica, in cui si può apprezzare la presenza di 3 picchi fluorescenti equivalenti (rapporto triallelico 1:1:1) che presentano un’area ed un’altezza di picco sovrapponibile;
- trisomia diallelica, in cui si può apprezzare la presenza di 2 picchi fluorescenti di area ed altezza differente (con rapporto aree 2:1) corrispondenti rispettivamente al prodotto di amplificazione di due alleli uguali ed uno diverso (rapporto diallelico 2:1);
- Pattern allelico non informativo: presenza di un solo picco fluorescente per ogni locus polimorfico testato.
L’impiego di più marcatori con un alto indice di eterozigosità per ciascun cromosoma porta ad una frequenza molto bassa del pattern allelico non informativo (unico picco) per tutti i loci investigati.
Per quanto riguarda i cromosomi sessuali viene impiegata una sequenza relativa al gene dell’amelogenina. In questo caso un campione che presenta 1 picco nell’amelogenina ed 1 o 2 picchi nel DXS8377 indica un assetto cromosomico femminile normale (XX); mentre un campione con 2 picchi di differente dimensione a livello dell’amelogenina ed 1 picco nel DXS8377 un assetto cromosomico maschile normale (XY). Alcuni tra gli assetti patologici per i cromosomi sessuali sono così rappresentati: (XXY): presenza di 2 picchi nel DXS8377 e 2 picchi di differente dimensione con area ed altezza differente (con rapporto aree 2:1) a livello dell’amelogenina; (XXX): presenza di 3 picchi di differente dimensione o 2 picchi con area ed altezza differente (rapporto aree 2:1) nel DXS8377, ed un unico picco a livello dell’amelogenina.
Quali sono i vantaggi della QF-PCR?
La tecnica della QF-PCR o analisi rapida presenta le seguenti particolarità:
- Fornisce, entro 24-48 ore, dati relativi alle aneuploidie 21, 18, 13, X, Y perfettamente correlate con quelle evidenziabili tramite coltura cellulare.
- Necessita di minime quantità di materiale: 2-3 ml di liquido amniotico, 1-2 villi coriali o 0.3 ml di sangue sono sufficienti per la completa esecuzione del test
- utile supporto diagnostico nei casi di fallimento della coltura cellulare, referti ecografici dubbi in gravidanze inoltrate, riscontro immediato di sindromi polimelformative (es. triplodie), conferma di ITG per trisomie 13, 18, e 21.
- Possibilità di effettuare un amniocentesi anche a sole 12-14 settimane (amniocentesi precoce).
La rapidità di esecuzione della QF-PCR permette di ridurre al minimo i tempi di attesa del referto: la possibilità di escludere una patologia cromosomica in poche ore dal prelievo contribuisce alla riduzione dell’ansietà materna, mentre in casi di risultato patologico, permette alla gestante di concordare con il proprio medico, in largo anticipo, un’ eventuale intervento terapeutico.
Questa tecnica innovativa si differenzia dalla FISH prenatale in quanto meno laboriosa e facilmente automatizzabile e quindi comporta costi decisamente inferiori.
Inoltre, alcune sue particolarità tecniche consentono l’accertamento di mosaicismi, dello stato di zigosità in gravidanze gemellari come pure la rapida identificazione di contaminazione materna che non è apprezzata dalla FISH e dal cariotipo.
Scopi | Caratteristiche |
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Quali sono i limiti della tecnica QF-PCR?
L’applicazione della tecnica QF-PCR in epoca prenatale per il riconoscimento di alcune anomalie cromosomiche di numero, ha alcune limitazioni. In primo luogo non è sostitutiva dell’analisi cromosomica convenzionale in quanto possono essere riconosciute le anomalie di numero limitatamente ai cromosomi 13, 18, 21, X e Y; non è possibile riconoscere con precisione le trisomie e le monosomie parziali degli stessi cromosomi e non vengono riconosciuti i diversi tipi di alterazioni cromosomiche strutturali (traslocazioni, inversioni, delezioni, cromosomi marcatori).
Nel caso di QF-PCR positiva per una trisomia, l’esame non permette di distinguere tra una vera trisomia fetale ed un mosaicismo confinato alla placenta (o ad altri tessuti extra fetale) privo di significato patologico per il feto. Pertanto, nel caso in cui l’esame con la QF-PCR fosse indicativo di una trisomia per uno dei cromosomi testati, appare comunque necessario attendere il risultato definitivo dell’analisi cromosomica convenzionale prima che venga presa una decisione in merito alla continuazione della gravidanza o alla sua eventuale interruzione.
L’esame non può essere effettuato su campioni anche leggermente ematico e/o meconiato.
La QF-PCR, inoltre, non è però in grado di evidenziare i riarrangiamenti cromosomici strutturali e poliploidie.
Come funziona la procedura Array-CGH?
L’approccio tradizionale nella diagnosi prenatale di anomalie cromosomiche comporta la messa in coltura di cellule fetali ricavate da prelievi di liquido amniotico e la determinazione del cariotipo tramite l’analisi al microscopio dei cromosomi in metafase. Benchè tale analisi sia abbastanza accurata, le colture cellulari impongono lunghi tempi di attesa che si aggirano intorno ai 15-20 giorni.
Il cariotipo tradizionale, inoltre, non garantisce che il feto sia esente da malattie genetiche o alterazioni cromosomiche (delezioni o duplicazioni) di piccole dimensioni. Infatti, questo tipo di esame fornisce informazioni solo sulle principali anomalie cromosomiche (ad esempio la trisomia 21, o Sindrome di Down, le trisomie 18 e 13, la monosomia X, o Sindrome di Turner) attraverso la determinazione dell’intero assetto cromosomico fetale. Con il cariotipo tradizionale si indaga essenzialmente su quelle forme patologiche che interessano il numero e l’aspetto grossolano dei cromosomi. Nulla si potrà sapere su piccole alterazioni dei cromosomi (che sono un numero elevatissimo, anche se piuttosto rare) o sulla conformazione dei geni che sono contenuti all’interno dei cromosomi.
Lo studio del cariotipo fetale, a differenza dell’amniocentesi rapida con la tecnica QF-PCR, presenta un’importanza diagnostica elevatissima perché evidenzia le anomalie cromosomiche più severe e frequenti ( come ad esempio le trisomie ) a carico di tutti i cromosomi, tuttavia, a causa dei limiti di risoluzione della tecnica, piccoli riarrangiamenti cromosomici potrebbero non essere facilmente evidenziabili. Con il cariotipo tradizionale, infatti, si riesce ad evidenziare solo le anomalie strutturali più grandi di 10-15 Mb.
Grazie ai recenti progressi della citogenetica molecolare è adesso possibile esaminare i cromosomi in maniera più approfondita ed accurata, utilizzando il cosiddetto Cariotipo Molecolare, procedura diagnostica che impiega una tecnica molecolare innovativa conosciuta come array-CGH.
Risultati in soli 3 giorni
Essendo una tecnica molecolare, che non necessita di coltura cellulare, con il Cariotipo Molecolare è possibile ottenere un’analisi cromosomica approfondita in soli 2-3 giorni, a differenza dei 15-20 giorni necessari con la tecnica tradizionale, riducendo al minimo i tempi di attesa dei risultati.
Un vantaggio non trascurabile che consente di:
- Escludere una patologia cromosomica entro pochi giorni dal prelievo;
- Ridurre l’ansietà della gestante;
- Gestire in largo anticipo un’eventuale intervento terapeutico, in caso di risultato patologico.
Esame approfondito dei cromosomi
Rispetto all’esame citogenetico tradizionale, l’analisi molecolare dei cromosomi ha una risoluzione molto più elevata (ca. 100 volte). Ciò consente di identificare alcune patologie derivanti da alterazioni cromosomiche submicroscopiche (microdelezioni e le micro duplicazioni), non evidenziabili tramite il cariotipo tradizionale, aumentando sensibilmente l’accuratezza dell’esame.
Il cariotipo molecolare, infatti, consente di effettuare rapidamente non solo lo studio dell’assetto cromosomico fetale, ma anche di un gruppo di 100 patologie causate da microdelezione / microduplicazione cromosomica (es. Sindrome di DiGeorge, la Sindrome di Williams, la Sindrome di Praeder-Willi/Angelman) ed oltre 150 geni.
Tra le sindromici da microdelezione/microduplicazione investigate; le più note ed importanti sono:
Patologia | Alterazione Cromosomica |
Sindrome di Angelman | Del 15q12-13 |
Sindrome di Charcot-Marie-Tooth | Dup 17p12 |
Malattia del Cri-du-chat | Del 5p15 |
Sindrome di Di George/Velocardiofacciale | Del 22q11.2 |
Lissencefalia isolata | Del 17p13.3 |
Sindrome di Miller-Dieker | Del 17p13.3 |
Sindrome della Neuropatia Ereditaria (HNPP) | Del 17p12 |
Sindrome di Prader-Willi | Del 15q12-q13 |
Sindrome di Rubinstein-Taybi | Del 16p13.3 |
Sindrome di Smith-Magenis | Del 17p12.2 |
Sindrome di Sotos | Del 5q35 |
Sindrome Trico-Rino-Falangea | Del 8q24.1 |
Sindrome di Williams | Del 7q11.23 |
Sindrome di Wolf-Hirrschorn | Del 4p16 |
Inoltre, grazie ad una sofisticata analisi bioinformatica, si ha la possibilità di definire con esattezza non solo la regione genomica alterata ma anche i geni in essa contenuta, permettendo così di verificare la patogenicità dell’anomalia cromosomica riscontrata e valutare le conseguenze cliniche.
L’ analisi array-CGH, rappresenta anche una tecnica ideale di approfondimento diagnostico di 2˚ livello, eseguita per integrare l’analisi citogenetica prenatale al fine di definire più accuratamente eventuali anomalie cromosomiche precedentemente identificate o per rivelare microriarrangiamenti non evidenziabili con l’indagine del cariotipo fetale. L’integrazione dell’analisi citogenetica convenzionale con l’array-CGH incrementa notevolmente le possibilità di determinare le cause della patologia riscontrata nel feto ed eventualmente permette di definire più accuratamente il rischio di ricorrenza.
Le principali indicazioni per l’impiego dell’array-CGH quale tecnica di approfondimento diagnostico in diagnosi prenatale sono le seguenti:
- Difetti dello sviluppo fetale evidenziati tramite ecografia; riconducibili ad una patologia cromosomica, il cui cariotipo tradizionale è però risultato normale;
- Feto con anomalie cromosomiche (riarrangiamenti sbilanciati, riarrangiamenti apparentemente bilanciati de novo e cromosomi marcatori) individuate attraverso l’analisi citogenetica prenatale;
- Aborti spontanei e terapeutici.
Risultato assicurato
L’Array-CGH è una metodica molecolare che non necessita di coltura cellulare, quindi non è soggetta al rischio di mancata crescita e, di conseguenza, di ripetizione del prelievo, garantendo un risultato nel 100% dei casi.
I limiti di tale tecnica in ambito prenatale sono rappresentati dall’impossibilità di identificare riarrangiamenti cromosomici bilanciati (non patologici) e i mosaicismi (cioè la presenza cioè di due linee cellulari con differente assetto cromosomico) con una linea cellulare scarsamente rappresentata (inferiore al 10% circa).
Affidabilità dei risultati
Questa tecnica innovativa si differenzia cariotipo tradizionale prenatale in quanto meno laboriosa e facilmente automatizzabile, e quindi meno soggetta a rischio di errore. Inoltre, alcune sue particolarità tecniche consentono l’accertamento anche dei mosaicisti (non inferiori al 10%), e coaiuvata dalla QF-PCR permete di determinare la stato di zigosità in gravidanze gemellari come pure la rapida identificazione di contaminazione materna che non è apprezzata dalla FISH e dal cariotipo.
Il cariotipo molecolare, a differenza dell’altra tecnica di amniocentesi rapida, la QF-PCR, fornisce in tempi similmente rapidi i risultati di eventuali anomalie a carico di tutti i cromosomi.
È importante sottolineare la necessità che questa tecnica sia utilizzata da laboratori dotati di provata competenza di genetica molecolare, nonché di esperienza nella interpretazione dei risultati prodotti dalla array-CGH.
Cariotipo Molecolare madiante tecnica Array-CGH:
- Risultati su eventuali aneuploidie a carico di tutti i cromosomi entro 2-3 giorni
- Ridotta ansietà materna
- Possibilità di intervento terapeutico immediato in caso di risultato patologico
- Si sostituisce alla QF-PCR, tecnica limitata allo screening di soli 5 cromosomi
- Risoluzione 100 volte più elevata
- Screening di 100 sindromi cromosomiche da microdelezione / duplicazione e di oltre 150 geni
- Tecnica completamente automatizzata
- Ridotto rischio di errore
- Non necessita di coltura cellulare
- Nessun rischio di insuccesso della coltura, garantendo un risultato nel 100% dei casi
- Ideale per approfondimenti diagnostici, ad integrazione dell’analisi citogenetica prenatale
- Particolarmente indicato nei casi di:
- difetti dello sviluppo fetale evidenziati tramite ecografia, ma con cariotipo tradizionale normale
- feto con anomalie cromosomiche individuate attraverso l’analisi citogenetica tradizionale quali
- riarrangiamenti sbilanciati
- riarrangiamenti de novo apparentemente bilanciati
- markers cromosomici