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Cos’è la villocentesi?

La villocentesi è una tecnica invasiva di diagnosi prenatale che consente di effettuare un prelievo di villi coriali dalla placenta inserendo un ago sotto guida ecografica attraverso l’addome materno. 

I villi coriali rappresentano il tessuto che avvolge l’embrione e che in seguito darà luogo alla placenta. Le cellule di tale tessuto, poste in un appropriato terreno di coltura, vengono fatte crescere in vitro e poi studiate nel loro assetto cromosomico o nel loro DNA. L’esame dei villi coriali, quindi, viene effettuato per esaminare il cariotipo fetale, al fine di evidenziare la presenza di eventuali anomalie cromosomiche, o per la diagnosi di eventuali malattie genetiche ereditarie. Dal punto di vista psicologico, l’esclusione della presenza di anomalie cromosomiche nel corredo genetico fetale libera la donna da stati d’ansia, consentendole di vivere la gravidanza con serenità. Allo stesso tempo, la legge consente l’interruzione volontaria della gravidanza alle gestanti che non sopporterebbero il peso psicologico di avere un bambino con una grave anomalia.

Il periodo ideale per eseguire la villocentesi è tra la 11˚ e 12˚ settimana, poiché prima di tale periodo il prelievo può comportare rischi per il feto. Il rischio di aborto connesso alla villocentesi si aggira intorno allo 1 %.

SCHEDA TECNICA
Epoca di esecuzione:non può essere eseguita prima della 10˚ settimana di gravidanza per legge ministeriale; il periodo ottimale è l’11˚-12˚ settimana.
Metodica:mediante controllo ecografico, l’ago viene inserito nell’addome materno e l’operatore preleva, pochi microgrammi di villi coriali (i villi rappresentano la struttura annessiale che poi si trasformerà in placenta).
Indicazioni:
  • determinazione del cariotipo fetale
  • diagnosi molecolare di malattie genetiche
Risposta:
  • 24-48 ore per la QF-PCR (trisomia 21, 18, 13, ed alterazioni dell’X e dell’Y)
  • 24-48 ore per l’analisi citogenetica cosiddetta “diretta”
  • 2-3 giorni per il cariotipo fetale molecolare (array-CGH)
  • 12-15 giorni per il cariotipo fetale tradizionale (metodo coltura cellulare)
Successo del prelievo:nel 98% dei casi al primo tentativo e 99,8% circa al secondo.
Svantaggi:
  • abortività in seguito all’esame circa l’1%
  • fallimento dell’analisi nello 0.2% circa (1:500) e quindi nessuna risposta

Decidere se eseguire la diagnosi prenatale (amniocentesi o villocentesi) durante la gravidanza può essere difficile, ma è necessario ricordare che non si deve ricorrere a tali tecniche diagnostiche se non lo si vuole. La diagnosi prenatale dovrebbe essere richiesta solo se le informazioni fornite dall’analisi sono veramente importanti per la coppia, motivazione che rende giustificato il rischio del prelievo.

Un aiuto per decidere cosa sia meglio fare per monitorare lo stato di salute del feto è sicuramente il colloquio con il proprio ginecologo o il genetista, durante il quale si discutono e si chiariscono i seguenti aspetti:

  • Studio sulla possibile malattia genetica per cui viene richiesto l’esame.
  • Informazioni riguardanti il rischio che il bambino abbia un difetto genetico che si intende ricercare.
  • Il tipo di analisi più adatte al proprio caso e il tipo di risultati ottenibili.
  • Informazioni sull’affidabilità dell’analisi.
  • Percentuali del rischio di aborto dovuto alla procedura.
  • Il tempo necessario per ottenere i risultati dell’analisi e relative modalità per accedere al risultato degli esami richiesti.
  • Le possibilità di cura o le alternative possibili se il bambino risulti affetto da una malattia genetica.
  • Le conseguenze sul piano emotivo per la coppia che esegue l’analisi.

A chi è indicata la villocentesi?

L’indicazione principale alla villocentesi è rappresentata dallo studio dell’assetto cromosomico fetale mediante l’analisi del cariotipo tradizionale, al fine di evidenziare la presenza di eventuali anomalie cromosomiche. Tale esame viene effettuato attraverso la coltura e lo studio delle cellule fetali presenti nel liquido amniotico.

L’associazione a tutti nota tra età materna avanzata e rischio di non disgiunzione cromosomica è ben documentata ed i dati epidemiologici riguardano non solo la trisomia 21 o Sindrome di Down, la più frequente anomalia cromosomica riscontrabile alla nascita, ma anche aneuploidie a carico dei cromosomi 18, 13, X, Y o altri cromosomi. 

Tramite le più recenti tecniche di diagnostica molecolare (PCR), possono essere eseguite:

  • la valutazione delle aneuploidie cromosomiche più comuni (cromosomi 13, 18, 21, X e Y), mediante una tecnica molecolare avanzata e completamente automatizzata, conosciuta come Quantitative Fluorescent – Polimerase Chain Reaction (QF-PCR), che consente di ottenere i risultati in sole 24/48 ore.
  • Il cariotipo molecolare mediante Array-CGH (villocentesi molecolare), innovativa tecnica molecolare per la determinazione del cariotipo fetale, recentemente introdotta in ambito clinico da GENOMA, che permette di ottenere il risultato di un cariotipo ad alta risoluzione (600 Kb) in soli 2-3 giorni, e che consente inoltre lo screening di 100 malattie cromosomiche, non rilevabili mediante cariotipo tradizionale.
  • La diagnosi prenatale molecolare (villocentesi genetica), che consiste nell’effettuare nel feto, oltre ad un tradizionale studio citogenetico, anche una ricerca, mediante analisi del DNA, delle mutazioni geniche associate alle malattie genetiche più frequenti e più gravi. Le pazienti hanno quindi la possibilità di usufruire, in tempi rapidi, di uno screening genetico multiplo, diretto alla diagnosi di gravi malattie quali fibrosi cistica, sindrome del cromosoma X-Fragile (ritardo mentale), Beta Talassemia, sordità congenita, distrofia muscolare di Duchenne-Becker, distrofia miotonica, e tante altre malattie genetiche.

Principali indicazioni al prelievo dei villi coriali:

  • Determinazione del cariotipo fetale (villocentesi tradizionale):
    • Età materna ≥ 35 anni
    • Alterazioni cromosomiche nei genitori
    • Storia familiare di aneuploidie
    • Pregressa aneuploidia fetale
    • Malformazioni fetali rilevate all’esame ecografico (es. l’aumento dello spessore della translucenza nucale del feto)
    • Il risultato positivo al test di screening biochimico (tri-test, duo-test)
  • Esame del DNA (amniocentesi molecolare)
    • Studio del DNA fetale
  • Ricerca di agenti infettivi virali o protozoari

Come si esegue la villocentesi?

Il prelievo dei villi coriali viene effettuato per via transaddominale e consiste nell’introdurre un sottilissimo ago attraverso l’addome materno e prelevare una opportuna quantità di villi coriali ,sotto attento e diretto controllo ecografico. Il prelievo non è doloroso; la gestante avvertirà solo una puntura e non il fastidio della biopsia. 
Prima della procedura invasiva si esegue di norma un esame ecografico per valutare la vitalità dell’embrione, la biometria (CRL) e la localizzazione del chorion frondosum allo scopo di scegliere il punto più idoneo per l’inserzione dell’ago.

L’intervento avviene sempre a paziente supina e senza effettuare alcun tipo di anestesia. Preliminarmente viene disinfettato accuratamente l’addome, dall’ombelico al pube, e si delimita il campo d’azione con dei telini sterili. L’operatore, una volta localizzato il punto esatto dove intende prelevare il materiale fetale, con guanti sterili procederà, per via transaddominale a mano libera e sotto guida ecografica, all’introduzione di un sottile ago.

Nella villocentesi ecoassistita l’ago viene inserito cercando di guidarne il percorso attraverso la contemporanea visualizzazione del suo tragitto mediante una sonda opportunamente orientata.

Quando l’ago giunge al margine del chorion, il relativo movimento per circa 10 secondi nello spazio del chorionico  permetterà di tranciare ed aspirare il materiale fetale.
Tutta la procedura viene seguita direttamente sullo schermo ecografico in “tempo reale”. In tal modo si può evidenziare con chiarezza il corretto posizionamento dell’ago e controllare la corretta escursione del pelievo.

La villocentesi nelle gravidanze gemellari, si tratta di una evenienza alquanto infrequente, ma non rarissima. Il ricorso a questa procedura, in questi casi, la si effettua per la diagnosi prenatale di malattie geentiche, nel caso in cui vi sia a priori un elevato rischio specifico. Per le comuni ricerche sul cariotipo, invece, si preferisce attendere il tempo dell’amniocentesi, piuttosto che esporre la gravidanza al rischio derivante da due prelievi coriali.

Il materiale prelevato viene poi raccolto in una provetta a fondo conico ed inviato al laboratorio di citogenetica, dove i citogenetisti effettuano, sterilmente sotto cappa a flusso laminare, la separazione ed il lavaggio dei villi, per purificarli dalle contaminazioni (sangue, muco, decidua).

Quando eseguire la villocentesi?

L’esame viene eseguito ambulatorialmente nel secondo trimestre di gravidanza, preferibilmente tra l’11˚ e la 12˚ settimana di gravidanza.
Il prelievo dei villi coriali ha il vantaggio di poter essere eseguito prima dell’amniocentesi, rendendo possibile una diagnosi più precoce di eventuali anomalie cromosomiche o genetiche.

Quali sono i rischi della villocentesi?

La complicanza più frequentemente osservate dopo la villocentesi risulta essere l’abortività.
Il rischio di aborto della tecnica si aggira intorno all’1%, tra i più bassi descritti in letteratura.
Di tale percentuale si deve tener conto quando si valuta il rischio/beneficio della procedura diagnostica. Il rischio abortivo va infatti comparato con le percentuali di anormalità cromosomiche per l’età.

È bene che la villocentesi sia eseguita da uno specialista con specifica esperienza. L’incidenza di aborto e complicanze è strettamente legata alla capacità ed all’esperienza dell’operatore (numero di villocentesi eseguite e numero di casi eseguiti per anno), ed il rischio può essere ridotto od aumentato in modo significativo.

I rischi materni sono rari. Possono verificarsi perdite di sangue e/o di liquido dai genitali, contrazioni uterine, infezioni intrauterine con febbre. L’isoimmunizzazione Rh è prevenibile con l’immunoprofilassi.

Rischio di errore diagnostico
Le principali fonti di errore nella diagnosi del cariotipo fetale su un campione ottenuto con prelievo dei villi coriali sono:

  • La possibile discrepanza tra l’assetto cromosomico dei villi coriali e il cariotipo fetale con la possibilità di falsi positivi o falsi negativi. I falsi positivi (l’incidenza riportata in ampie casistiche è 1%) sono segnalati soprattutto quando viene utilizzata la sola tecnica diretta e sono controllabili sulla coltura o eventualmente sul liquido amniotico nel secondo trimestre. I falsi negativi sono rari (0.02%), e anche questi legati alla sola tecnica diretta.
  • Il mosaicismo (la presenza cioè di due linee cellulari con differente assetto cromosomico all’interno dello stesso individuo): le cellule dei villi coriali presentano la caratteristica di essere portatrici di mosaicismi veri e propri che poi, al controllo, non sono presenti nei feti. Tale mosaicismo viene riscontrato nell’1% dei campioni prelevati. In caso di mosaicismo la cromosomopatia potrebbe coinvolgere il feto o essere confinata solamente agli annessi extra-embrionari, occorre perciò estendere l’indagine ad altri tessuti fetali (es. liquido amniotico o sangue) per chiarirne il significato clinico. Il mosaicismo è confermato nel feto in 10%-40% dei casi.

Limiti relativi all’indagine citogenetica

  • fallimento dell’analisi citogenetica: nello specifico caso della analisi citogenetica sui villi, si procede ad un duplice metodo di indagine: la “lettura diretta” e la “coltura“. La lettura diretta necessita del riscontro, sulle cellule prelevate, di un sufficiente numero di mitosi in metafase. Questo dipende in larga misura dal tipo di materiale villare prelevato; se ricco di mitosi spontanee il risultato citogenetico si ottiene nel giro del breve tempo necessario affinché i preparati siano allestiti e letti. Se povero di queste, si deve ricorrere alla coltura, che talvolta non riesce o lascia dubbi interpretativi, tali da non fornire alcun dato citogenetico certo, dovendosi in tali casi ricorrere successivamente all’amniocentesi. Nel nostro Centro, l’incidenza del fallimento dell’analisi è dell’ordine dell’1%. 
  • la contaminazione con cellule materne avviene in 1.9% dei casi e richiede ulteriori indagini.
  • insorgenza di aberrazioni “in vitro”: la maggior parte delle aberrazioni cromosomiche riscontrate nelle villocentesi sono da riferirsi a pseudomosaicismi. Con tale termine si intende la presenza di un cromosoma extranumerario presente solo nei villi ma del tutto assente nel feto. Questi, ovviamente, non hanno significato clinico. Per stabilire che si tratta di tale artefatto, il genetista esperto si basa essenzialmente sulle seguenti due considerazioni. La prima è che la cellula aberrante è solitamente unica quando ci si trova a leggere un allestimento diretto e, in coltura, l’alterazione interessa pertanto un unico clone di crescita. In tal modo nelle cellule coltivate l’aberrazione appartiene sempre a zone isolate di una stessa flasca. La seconda considerazione è che, solitamente, ci si trova di fronte a mosaicismi che non sono compatibili con la vita e che, pertanto, sono da considerare assolutamente come errori generatisi “in vitro” nella coltura. Ad esempio sono molto frequenti i riscontri occasionali di patrimoni aberranti aneuploidi come le tetraploide. Il problema però può sorgere di fronte ad una anomalia possibile come la trisomia. Benchè il solo parametro di un riscontro in mitosi isolate debba tranquillizzarci, noi siamo comunque soliti, in tali casi, informare la coppia e procedere all’amniocentesi di verifica. 

Principali complicanze relative al prelievo dei villi coriali:

  • Perdita fetale
  • Lesioni fetali
  • Perdite ematiche vaginali
  • Complicanze settiche
  • Rottura prematura delle membrane

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